Scoperta del neutrone

Proprio quando pareva che la teoria dei componenti nucleari fosse giunta a un punto morto, altri scienziati compivano esperimenti che non sembravano avere alcun rapporto con quella teoria, e che invece dovevano portare alla soluzione. Si trattava della transmutazione degli atomi di un elemento in quelli di un altro, mediante bombardamento con particelle alfa (nuclei di elio). Si poteva disporre di particelle alfa ad alta velocita', che vengono emesse spontaneamente dal radio e da altri nuclei pesanti. Nel 1918 Rutherford riusci' a realizzare la prima transmutazione usando particelle alfa a mo' di proiettili: muto' in atomi di ossigeno alcuni atomi di azoto. Assorbendo le particelle alfa l'azoto divenne fluoro e quindi, emettendo un protone, ossigeno.

Nel 1930, in vari laboratori, continuavano gli studi su queste transmutazioni: a noi in questa sede interessa principalmente il lavoro degli scienziati tedeschi Bothe e Becker. Nei loro esperimenti, colpendo con le particelle alfa una lastra di berillio, si producevano radiazioni penetrantissime, capaci di trapassare agevolmente uno spessore di piombo di una diecina di centimetri. Risultato inatteso perche' negliu esperimenti ordinari di transmutazione i protoni si arrestavano contro un foglio sottilissimo di piombo. A quell'epoca le piu' potenti fra le radiazioni note erano i raggi gamma, i raggi cioe' emessi dal radio ed usati, per esempio, per distruggere i tessuti cancerosi nel corpo dell'uomo. E poiche' le radiazioni or ora scoperte erano piu' penetranti dei piu' potenti fra i raggi gamma sin allora conosciuti, parve assai improbabile che si trattasse anche in questo caso di raggi gamma.


Fig. 5 Bothe e Becker scoprirono una radiazione penetrantissima. Le particelle alfa, bombardando il berillio, creano una radiazione che trapassa facilmente il piombo ed emette protoni veloci da una sostanza che contenga idrogeno.

La natura delle misteriose radiazioni fu scoperta in una camera di ionizzazione (fig. 5) che calcola la quantita' di elettricita' sottratta agli atomi di un gas dalle particelle che l'attraversano (ionizzazione). I blocchi di piombo disposti sulla traiettoria delle radiazioni (si dia una occhiata alla figura) dimostravano il loro grande potere di penetrazione. Ma ci fu una seconda scoperta, anche piu' sbalorditiva. Ponendo nella camera di ionizzazione sottili strisce di qualche sostanza contenente idrogeno (per esempio paraffina) l'intensita' misurata dalla camera di ionizzazione aumentava anziche' diminuire. Evidentemente i raggi misteriosi espellevano protoni dagli atomi di idrogeno e li spingevano a forte velocita' attraverso la camera di ionizzazione. Bisognava quindi assolutamente escludere i raggi gamma, perche' sarebbe occorsa una energia altissima, dell'ordine di cinquanta milioni di volt, assai superiore a quella di qualsiasi raggio gamma emesso dai nuclei per espellere i protoni dallo schermo e spingerli a quella fortissima velocita'.

Un fisico inglese, James Chadwick, risolse l'enigma. Logicamente - cosi' ragionava Chadwick - i protoni erano messi in rapido movimento da una particella di massa simile alla loro. Secondo una nozione di meccanica elementare, nota a tutti, l'energia che si trasferisce in una collisione e' massima quando le particelle collidenti hanno la medesima massa: il caso di due palle da biliardo, per esempio. Cosi', presupponendo la radiazione misteriosa composta di tali particelle, non sarebbe occorso attribuire loro energia altissima. Non solo: ma l'enorme forza di penetrazione della particella poteva spiegarsi presupponendola priva di carica elettrica. In tal caso infatti i campi elettrici degli atomi non avrebbero avuto influenza alcuna sul moto della particella. Ora, misurando le diverse velocita' alle quali i protono erano espulsi da varie sostanze, e ricorrendo alla semplice teoria degli urti, Chadwick riusci' a determinare la massa di questa nuova particella: era assai prossima alla massa del protone.

Il ragionamento che porta alla determinazione della massa del neutrone e' straordinariamente lineare, e ci sara' utile ripeterlo. Quando un neutrone collide con nucleo in stato di riposo, e gli imprime un impulso, la collisione rispetta le medesime semplicissime leggi meccaniche che governano l'urto fra due palle di biliardo. Ecco una di queste leggi: in un urto diretto la velocita' impressa all'oggetto colpito e' inversamente proporzionale alla massa dell'oggetto piu' quella del proiettile. Chadwick si servi' di una sottile lamina di azoto e scopri' che la velocita' dei nuclei di azoto espulsi (massa 14) era appena un settimo circa della velocita' con cui vengono espulsi i protoni dall'idrogeno (massa 1). Tale rapporto pari a sette ci da' la massa del neutrone (piu' semplicemente m), per via della proporzione inversa:

m + 14
________ = 7
m + 1

E' una equazione semplice che da' questo risultato:

m = 1,16

segno che la massa del neutrone e' circa il 16 per cento superiore alla massa del protone. In seguito altri calcoli, piu' esatti dimostrarono che la massa del neutrone e' assai prossima a quella del protone, giacche' la supera di appena un decimo di uno per cento. Vedremo poi che questo eccesso, per quanto esiguo, e' di grande importanze.

Dopo aver dimostrato l'esistenza della nuova particella, dopo averne misurato la massa, Chadwick la battezzo': neutrone. In effetti non era un nome nuovo; da anni gli scienziati studiavano la possibile esistenza di una particella elettricamente scarica, di massa quasi pari a quella del protone. E in quanto all'origine di una particella simile l'ipotesi piu' seducente era questa: che un elettrone si combinasse con un protone, a formare una struttura stabile e "neutra" - qualcosa di simile a un atomo di idrogeno compresso. Ebbene, questa struttura, puramente immaginaria, venne detta "neutrone", gia' una dozzina di anni prima della scoperta di Chadwick. Oggi sappiamo che neutrone non e' affatto la combinazione di un protone con un elettrone; lo esclude la grandezza stessa dell'elettrone. Come vedremo fra poco, il neutrone in realta' e' una particella fondamentale, con una sua esistenza autonoma, uno dei componenti basilari della materia.

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