Nobel per la Fisica 1969
Murray Gell-Mann nasce a New York il 15 settembre 1929, da due emigrati austriaci, Arthur
Gell-Mann e Pauline Reichstein. Il padre era proprietario di una scuola di lingue e un
cultore di matematica, fisica e astronomia. "[Mio padre] era venuto negli Stati
Uniti dallAustria-Ungheria nei primi anni del secolo, interrompendo gli studi
allUniversità di Vienna; voleva fra laltro aiutare i suoi genitori, che,
arrivati da qualche anno a New York, avevano difficoltà a tirare avanti. Trovò lavoro in
un orfanotrofio di Filadelfia, dove imparò dai ragazzi linglese e il baseball. Pur
non essendo più un ragazzino quando cominciò a studiare linglese, acquistò ben
presto una perfetta conoscenza della lingua. Quando lo conobbi, lunica cosa da cui
si potesse sospettare unorigine straniera era che non faceva mai errori. Dopo avere
esplorato varie opportunità di carriera, negli anni venti mio padre puntò sulla Arthur
Gell-Mann School of Languages, nella quale si ingegnava di insegnare ad altri immigrati a
parlare un buon inglese. Dava anche lezioni di tedesco, e assunse docenti per il francese,
lo spagnolo, litaliano e il portoghese. La scuola ebbe un discreto successo, ma la
situazione mutò bruscamente nel 1929, lanno della mia nascita. In quellanno
non ci fu solo il crollo della borsa, ma entrò in vigore una legge che limitava
drasticamente limmigrazione negli Stati Uniti. Da allora si ridusse in proporzione
anche il numero dei potenziali allievi di mio padre, impoveriti oltretutto dalla
Depressione, e così, quando avevo tre anni, la scuola chiuse i battenti e il babbo, per
sfamarci, si dovette accontentare di un lavoro da travet in una banca. Io crebbi con
lidea che il periodo prima della mia nascita doveva essere stato un tempo di grande
prosperità".1
Un ragazzo curioso
Gell-Mann mostra da subito unintelligenza prodigiosa e, sotto la guida del fratello
maggiore Ben, una grande curiosità per il mondo della natura. "Devo la maggior
parte della mia prima educazione a mio fratello Ben, che è di nove anni più vecchio di
me. Fu lui a insegnarmi a leggere quando avevo tre anni (con laiuto di una scatola
di crackers Sunshine) e a introdurmi allosservazione di uccelli e mammiferi, alla
raccolta di esemplari botanici e alla collezione di insetti. Vivevamo a New York, più
precisamente a Manhattan, ma lo studio della natura era possibile anche là. In fondo New
York era per me come una foresta di abeti che fosse stata disboscata un po troppo;
ne rimaneva un angolino nel Bronx, subito a nord dello zoo, e lì noi trascorrevamo la
maggior parte del nostro tempo".2
La sua precocità viene presto riconosciuta, e a otto anni è trasferito dalla scuola
pubblica del quartiere a una scuola speciale per ragazzi superdotati, che trova "molto
noiosa" nonostante i suoi voti siano eccellenti. Si appassiona solo ai testi di
matematica e storia, che studia per conto suo, e si diverte a giocare a football. Ma
soprattutto continua ad esplorare il mondo della cultura insieme al fratello. "Ben
e io eravamo desiderosi di capire e conoscere il mondo nella sua totalità, non
frammentato in modo più o meno arbitrario. Non facevamo allora distinzione tra le scienze
naturali, le scienze sociali e comportamentali, le discipline umanistiche e artistiche.
[...] A volte visitavamo i musei, ad esempio il Metropolitan Museum of Art con la sua
splendida collezione archeologica, e ci piacevano anche le testimonianze del Medioevo
europeo (provenienti per esempio dai monasteri). Leggevamo libri di storia, e imparammo
persino a leggere qualche iscrizione in geroglifici egizi. Studiammo, per divertimento, la
grammatica latina, quella francese e quella spagnola e notammo che molte parole francesi e
spagnole discendevano dal latino (e neppure erano infrequenti i prestiti dal
latino allinglese). Leggemmo libri sulle lingue indoeuropee e apprendemmo che molte
parole latine, greche e anglosassoni hanno unorigine comune, con leggi di
trasformazione abbastanza regolari. [...]
Divoravo inoltre volumi di racconti, e assieme a Ben mi dedicai pure alla lettura di
poesie. A volte andavamo ai concerti, persino al Metropolitan Opera House, ma eravamo
squattrinati e quindi di solito dovevamo accontentarci di approfittare di spettacoli e
opportunità gratuiti. Tentammo di strimpellare il pianoforte e cantavamo arie di opere,
oltre alle canzoni delle commedie musicali di Gilbert e Sullivan".3
La scoperta della fisica
Nonostante le esperienze condivise con il fratello, grande appassionato di fisica e di
matematica, è il padre a influenzare la sua scelta universitaria. "Nel modulo per
lammissione a Yale, durante lultímo anno di liceo, dovetti indicare la
materia principale. Quando dissi a mio padre della mia intenzione di studiare archeologia
o linguistica, egli ebbe una reazione frustrante, dicendo che sarei morto di fame.
Studiassi piuttosto ingegneria. Risposi che avrei preferito morire di fame e dissi inoltre
che qualsiasi cosa avessi progettato sarebbe probabilmente crollata. (In seguito, dopo un
test attitudinale, lindicazione fu: "Tutto tranne lingegneria!") Mio
padre suggerì allora, come soluzione di compromesso, lo studio della fisica. Gli ricordai
che il corso di fisica che avevo seguito al liceo era stato il più noioso in assoluto, e
che lunica materia in cui ero andato male era proprio la fisica. Avevo dovuto
imparare a memoria cose come i sette tipi di macchine semplici: la leva, la vite, il piano
inclinato e via dicendo. Altrettanto deludente era stato lo studio di meccanica, calore,
suono, luce, elettricità e magnetismo, presentati senza il minimo accenno a una qualche
connessione tra questi argomenti. Mio padre tralasciò allora le considerazioni di
carattere economico per lanciarsi in una difesa della fisica sulla base delle sue
attrattive intellettuali ed estetiche. La fisica avanzata, disse, era ben altra cosa dal
corso del liceo e sicuramente anchio avrei finito con lappassionarmi a temi
come la relatività (ristretta e generale) e la meccanica quantistica. Decisi di
assecondare il vecchio, tanto avrei sempre potuto cambiare il piano di studi se e quando
fossi arrivato a New Haven. Una volta là, però, la pigrizia mi impedì di compiere una
virata repentina, cosicché mi trovai ben presto preso allamo. La fisica teorica
cominciò a piacermi: il babbo aveva visto giusto sulla relatività e sulla meccanica
quantistica. Studiandole, cominciai a capire che la bellezza della natura si manifesta non
solo nel richiamo di una strolaga o nelle tracce di bioluminescenza lasciate di notte
dalle focene, ma anche nelleleganza dei principi fondamentali della fisica".4
Ammesso alla Yale University a soli 15 anni, Gell-Mann vive un momento di grande
incertezza rispetto a se stesso e alle proprie capacità: "Il fatto di essere il
più giovane di tutti mi feriva particolarmente perché il mio carattere non era ancora
completamente formato". Nel 1948, a 18 anni, consegue il B.S. e ottiene una borsa
di studio al Massachusetts Institute of Technology. Lì, sotto la guida di Victor
Weisskopf, brillante professore ed ex presidente della American Physical Society, entra
finalmente nel vivo della fisica teorica, vedendo per la prima volta dei fisici
professionisti al lavoro. Nel gennaio del 1951 completa il suo Ph.D. ed entra, sempre
grazie a una borsa di studio, allInstitute for Advanced Study di Princeton.
Lanno successivo si sposta allIstituto di fisica nucleare
dellUniversità di Chicago dove, a soli 23 anni, comincia la sua carriera di docente
universitario e lavora con giganti della fisica come Willard F. Libby, Harold C. Urey ed
Enrico Fermi. "Fermi era il mesone che teneva insieme lIstituto", dice
Gell-Mann ricordando le riunioni settimanali fra il personale accademico, in cui si
discutevano accanitamente questioni di fisica teorica.
Ordine fra le particelle
Nei primi anni 50, la fisica delle particelle era alla ricerca di un quadro teorico
che permettesse di riportare lordine nel caos creato dalla scoperta di un centinaio
di nuove particelle subatomiche, resa possibile dagli esperimenti con gli acceleratori di
nuova concezione. Per spiegare il comportamento di alcune delle nuove particelle, che
sembravano non ubbidire completamente né alle leggi dellinterazione forte né a
quelle dellinterazione debole (le quali, assieme allelettromagnetismo e alla
gravità, costituiscono le quattro forze fondamentali della natura), Gell-Mann introduce
il concetto di "stranezza".
Partendo dal concetto di "indipendenza dalla carica", innanzitutto raggruppa
insieme particelle che hanno le stesse caratteristiche e differiscono solo per la carica
elettrica. Per esempio il protone - che ha una carica pari a +1 - e il neutrone - che ha
una carica pari a 0 - vengono considerati due varietà di una stessa particella, detta
"nucleone", che ha una carica media (o "centro di carica") pari a
+1/2. Secondo lo stesso principio, molte particelle possono essere riunite in coppie
("doppietti"), in gruppi di tre ("tripletti") o, più in generale, in
"multipletti". Per far rientrare in questo schema di classificazione anche le
particelle "strane" - per lo più create in laboratorio dalla collisione ad
altissima velocità di altre particelle - Gell-Mann identifica una loro proprietà comune,
che definisce appunto "stranezza" (un numero pari al doppio della differenza fra
il centro di carica di un multipletto e +1/2). La stranezza viene conservata in tutte le
interazioni governate dalla forza forte, e ciò permette a Gell-Mann di predire
lesistenza di numerose particelle strane: "Ho previsto che i fisici
sperimentali ne avrebbero trovate alcune, e che non ne avrebbero trovate altre. E le mie
previsioni si sono rivelate esatte: hanno individuato tutte le particelle che avevo
previsto e nessunaltra".
Nel 1954 Gell-Mann passa un semestre alla Columbia University e nel 1955, dopo un periodo
di ricerca allInstitute for Advanced Study di Princeton, viene definitivamente
assunto - come professore associato prima e come ordinario poi - al California Institute
of Technology, dove è tuttora professore emerito di fisica teorica.
Nel 1961, utilizzando una branca della matematica nota come teoria dei gruppi di
simmetria, concepisce un sistema di classificazione delle particelle ancor più generale,
in cui le particelle vengono raggruppate in "famiglie", descritte da otto numeri
quantici che ne definiscono caratteristiche e proprietà comuni. Gell-Mann chiama questo
schema "lottuplice via", con esplicito riferimento alle otto virtù
necessarie a raggiungere larmonia nella religione buddista.
Poco dopo il fisico israeliano Yval Neeman giunge indipendentemente a proporre uno
schema simile.
La teoria dellottuplice via viene spesso paragonata per importanza alla tavola
periodica degli elementi, con la quale il russo Dmitri Mendeleev ha rivoluzionato la
chimica moderna raggruppando i singoli elementi in famiglie dotate di proprietà comuni.
Così come Mendeleev aveva lasciato alcuni spazi vuoti nella sua tavola, prevedendo le
proprietà dei nuovi elementi che sarebbero stati scoperti, Gell-Mann predice la scoperta
di un certo numero di particelle con le proprietà necessarie a riempire gli spazi vuoti
in alcune delle sue famiglie, e raccomanda la costruzione di acceleratori di particelle
più potenti per ottenere le necessarie conferme in laboratorio. E nel 1964 viene scoperta
la particella "omega-minus", con una massa praticamente identica a quella
prevista dalla teoria.
I quark
Per la teoria dellottuplice via nel 1969 Gell-Mann vince il premio Nobel per la
Fisica, ma fra i non addetti ai lavori egli è ancora più famoso per aver scoperto i
quark, i componenti fondamentali di tutta la materia. Nel 1963, mentre era al
Massachusetts Institute of Technology, scopre che la struttura dellottuplice via
può essere spiegata ipotizzando che nelle profondità della struttura atomica - oltre il
nucleo, e oltre i neutroni e i protoni - vi siano altre particelle ancor più elementari,
ciascuna dotata di una frazione della carica elettrica del protone. La stessa scoperta
viene fatta in maniera indipendente dal fisico americano George Zweig, al CERN di Ginevra
(il Laboratorio Europeo per la fisica delle particelle).
Ribellandosi alla tendenza prevalente di battezzare le nuove particelle subatomiche con
lettere dellalfabeto greco, Gell-Mann le chiama "quark", traendo il nome
dal racconto Finnegans Wake di James Joyce. "La parola mi era sembrata
perfetta per descrivere lessenza della materia. E mi sembra ancora tale: non riesco
a immaginare che i quark possano chiamarsi in un altro modo".
Gell-Mann ipotizza lesistenza di sei tipi di quark, e con la sua proverbiale
stravaganza li battezza "up" e "down", "top" e
"bottom", "charm" e "strange". Si ritiene che solo due tipi
di quark esistano in natura: lup e il down, mentre i quark top, bottom, charm e
strange sono esistiti solo per una frazione infinitesimale di secondo dopo il Big Bang,
alla nascita delluniverso. Tuttavia essi possono essere creati artificialmente con
dei potenti acceleratori, che possono quasi riprodurre il Big Bang "sparando"
fasci di particelle gli uni contro gli altri a velocità vicine a quelle della luce. Una
volta ogni cinque o dieci miliardi, queste collisioni producono dei quark.
Sfortunatamente, essi non durano a lungo, solo un trilionesimo di trilionesimo di secondo,
prima di trasformarsi in particelle più leggere. "In realtà, quello che si può
osservare non è neanche un quark, ma solo lo stato nucleare che lo contiene",
dice Gell-Mann. "I quark sono sempre confinati dentro ad altri oggetti".
Ancora una volta, la teoria di Gell-Mann viene puntualmente confermata dagli esperimenti
con gli acceleratori di particelle, anche se per osservare in laboratorio lultimo
quark, il top, bisogna aspettare fino al 1994. Un fisico canadese ha descritto la ricerca
del top quark come "un tentativo di ricostruire unautomobile dei giorni nostri
fra un milione di anni: dopo aver riunito insieme con successo i pochi frammenti rimasti,
e cercando di immaginare ciò che mancava, gli scienziati del futuro potrebbero arrivare
ad ipotizzare che il veicolo si muovesse su ruote. Ma mancando le ruote, la loro intera
ipotesi apparirebbe sospetta". "Senza il top quark", afferma
Gell-Mann, "lintera teoria vacillava".
Gli studi sulla complessità
A partire dagli anni 80 le ricerche di Gell-Mann si estendono oltre i confini dei
laboratori di fisica, per comprendere una visione più ampia delluniverso.
Assieme ad altri scienziati ed esperti di discipline diverse nel 1984 fonda il Santa Fe
Institute, un istituto di ricerca sulla complessità alle porte di Los Alamos, nel New
Mexico. "Il Santa Fe Institute riunisce matematici, informatici, fisici,
neurobiologi, immunologi, biologi dellevoluzione, archeologi, linguisti, economisti,
studiosi di ecologia e di scienze politiche, storici e tanti altri. Ciò che li accomuna
è la capacità di interagire gli uni con gli altri: molti grandi scienziati ed accademici
non chiedono di meglio che di uscire dai confini della propria disciplina, ma non riescono
a farlo così facilmente allinterno della propria istituzione. Non abbiamo voluto
che il nostro istituto sorgesse vicino ad Harvard o a Stanford, dove è enorme la
pressione delle idee consolidate, idee accettate da unintera comunità e pertanto
difficili da sfidare. A Santa Fe possiamo pensare e parlare liberamente, costretti solo
dal bisogno di fare i conti con la realtà".
Al Santa Fe Institute Gell-Mann e i suoi colleghi studiano, da un punto di vista
interdisciplinare, "il significato di semplicità e complessità, i modi in cui la
complessità emerge e il comportamento dei sistemi complessi adattativi, insieme alla
caratteristiche che li distinguono dai sistemi non adattativi".
Gell-Mann battezza questa nuova materia plectica, dal greco plectós,
"ritorto, intrecciato", una parola che deriva dalla stessa radice del latino complexus,
originariamente "intrecciato insieme".
Il successo della teoria della complessità, che esplora i modi in cui la particella più
infinitesima delluniverso è strutturalmente interrelata ai più complessi sistemi
viventi, deve molto al prestigio personale e alla rete di contatti di Gell-Mann. Un
giornalista del New York Times descrive così latmosfera dellistituto,
scherzosamente definito "la mecca della complessità": "Ogni anno 200
ricercatori di discipline diverse camminano fra le 35 stanze e le poche aule convegni,
tutte ingombre di computer e libri; vanno su e giù per le scale e i cortili,
raggruppandosi per discutere questo o quel problema, in una sorta di continua
dimostrazione intellettuale ad alto livello, fra scambi di appunti e simulazioni al
computer. Come gli altri, Gell-Mann va in giro ascoltando e intervenendo nei discorsi
degli altri ricercatori, ma il suo ruolo è del tutto speciale: con la sua conoscenza
sterminata, costituisce un utile ponte fra discipline che usano concetti e linguaggi
diversi e fra loro incomprensibili".
A chi gli chiede conto dei risultati ottenuti al Santa Fe Institute, Gell-Mann risponde: "Naturalmente,
il vero obiettivo è la verifica, la capacità di prevedere cose che poi si rivelano vere.
Per il momento non abbiamo molto da mostrare, ma lo avremo. Dovete essere pazienti, e
aspettare una ventina danni".
La teoria della complessità, insieme a molte altre, è illustrata da Gell-Mann nel suo
libro Il quark e il giaguaro. Avventure nel semplice e nel complesso, apparso nel
1994 e pubblicato in italiano da Bollati Boringhieri nel 1996. "Ho tratto il
titolo di questo libro da una poesia del mio amico Arthur Sze, splendido poeta americano
di origine cinese che vive a Santa Fe [...]. La poesia dice: Con il mondo dei quark
tutto ha in comune/il giaguaro furtivo nella notte. 5
I quark sono particelle elementari, gli ingredienti del nucleo atomico. [...] Il giaguaro
rappresenta per contro la complessità del mondo che ci circonda, specialmente quando si
manifesta nei sistemi complessi adattativi. Prese assieme, queste due immagini, il quark e
il giaguaro, mi sembrano esprimere perfettamente i due aspetti della natura che io chiamo
il semplice e il complesso: da un lato le leggi fisiche che
governano la materia e luniverso e dallaltro il ricco tessuto del mondo che
percepiamo direttamente e di cui siamo parte".6
John Cornwell, recensendo il libro per Spectator, ha descritto Gell-Mann come "uno
dei più grandi fisici viventi, da molti indicato come il successore di Einstein. Il fatto
che sia stato capace di tradurre in unaffascinante narrazione una delle aree più
difficili della scienza contemporanea può senzaltro irritare sia i suoi colleghi
che gli scrittori professionisti". Julian Brown, sul New Scientist, sottolinea
come il fascino del libro derivi dalla quantità di argomenti che tratta: "Questa è
la bellezza della complessità: comprende praticamente tutto cio che è... complesso.
[...] La cosa stupefacente è il modo in cui Gell-Mann combina il tutto in un insieme
coerente, mostrando come le idee di semplicità e di complessità siano strettamente
intrecciate e come si applichino a una grande varietà di fenomeni".
In unaltra recensione, David Berreby del New York Times scrive:
"Gell-Mann combina la mania per i minimi dettagli con unambizione intellettuale
assolutamente controcorrente in unera ossessionata dalle limitazioni della
conoscenza. Molti scienziati non condividono la sua convinzione che in linea di principio
nulla renda impossibile che un domani la scienza possa spiegare assolutamente tutto, in
una singola immagine coerente del funzionamento delluniverso". E, citando Seth
Lloyd, un amico e collega di Gell-Mann del Los Alamos National Laboratory: "Cè
qualcosa di estremamente ammirevole in questo. So che non è un punto di vista molto alla
moda, ma se sei uno scienziato, e soprattutto un grande scienziato come Murray, devi
credere che gli strumenti analitici che applichi alla realtà funzionino".
Verso un mondo più sostenibile
Lultima parte de Il quark e il giaguaro è dedicata al problema della
conservazione dellambiente naturale e della biodiversità, tema a cui Gell-Mann è
sensibile fin da bambino: "Nelle mie prime escursioni naturalistiche, mi colpiva
il fatto che le farfalle, gli uccelli e i mammiferi che vedevamo appartenessero tutti a
specie ben definite. [...] Ben e io discutevamo del fatto che tutte le specie sono
imparentate grazie allevoluzione, e ci piaceva immaginarcele come foglie su un
"albero" filogenetico, i cui rami e ramoscelli simboleggiavano ordini, famiglie
e generi. [...] Oltre a esplorare la diversità, appresi anche che in molti casi è
minacciata. Eravamo, Ben e io, pionieri della conservazione. E vedevamo che le poche aree
verdi attorno a New York stavano sparendo, poiché per esempio le paludi venivano
prosciugate e coperte dallasfalto. Già allora, negli anni trenta, avevamo la
percezione della limitatezza delle risorse della Terra e dei gravi danni recati dalle
attività umane alle comunità vegetali e animali; né ci sfuggiva limportanza del
controllo demografico, della conservazione del suolo, della protezione delle foreste e
simili. Naturalmente io non collegavo ancora tutto ciò alla necessità di
unevoluzione dellintera comunità umana verso una maggiore sostenibilità.
Già allora avevo però qualche idea sul futuro del genere umano, specialmente in seguito
alla lettura di H.G. Wells [...]".7
Nel corso degli anni Gell-Mann si è sempre impegnato per la difesa della natura e per uno
sviluppo sostenibile, ed è stato fra laltro uno dei fondatori del World Resource
Institute. Nonostante sia ben conscio della gravità dei problemi ambientali e della
crescita demografica, Gell-Mann resta un inguaribile ottimista sulle sorti
dellumanità. Come ha detto di lui il matematico Isadore M. Singer durante un
convegno in onore dei suoi 60 anni, nel 1989: "Più di chiunque altro, crede
fermamente che la mente e lo spirito umani possano curare tutti i mali della
società".
A chi sostiene che stiamo vivendo in unepoca di declino culturale, Gell-Mann
replica: "In realtà siamo in un punto molto alto della nostra storia, ma non ce
ne rendiamo conto. È vero che alcuni dei valori fondamentali della nostra società - come
la pace, la calma, la pulizia, la civiltà, quelli che ci distinguono da una
repubblica delle banane - sembrano indebolirsi, ma in prospettiva credo sia
una gran cosa vivere in unepoca in cui le persone comuni hanno lopportunità
di ricevere uneducazione, di decidere della propria vita, di prendere parte alla
vita politica e addirittura culturale".
Gell-Mann, che in politica si definisce un "fanatico di centro", ritiene che gli
scienziati abbiano un doppio ruolo nella vita pubblica: in quanto esperti che forniscono
il loro parere nelle rispettive aree di competenza e in quanto cittadini che hanno il
diritto, come tutti gli altri, di esprimere le proprie opinioni e difendere i valori in
cui credono. "Ma abbiamo anche la responsabilità di distinguere fra questi due
ruoli, chiarendo ogni volta in che veste stiamo parlando".
Negli anni 60 e 70 Gell-Mann svolge un ruolo importante nelle politiche di
controllo degli armamenti, cercando di convincere sia gli statunitensi che i sovietici che
la difesa di ampi territori, come quelli metropolitani, dai missili balistici era "non
solo molto difficile ed estremamente costosa, ma anche molto pericolosa e
destabilizzante", in quanto incoraggiava gli avversari a "sferrare il primo
colpo". Negli anni 80 è quindi un acceso antagonista del progetto reaganiano
delle "guerre stellari".
Luomo che sa tutto
Lagente letterario di Gell-Mann, John Brockman, dice di lui che "ha cinque
cervelli, ognuno dei quali è più intelligente del nostro". Poliglotta di genio, si
dice che parli più di 15 lingue, dallo Swahili al Cinese mandarino. Lui sostiene di avere
una discreta conoscenza di almeno otto lingue, ma di avere capacità limitate in tutte
tranne che in francese.
"Neanche le credenziali di Gell-Mann - direttore della MacArthur Foundation, membro
del Council on Foreign Relations, consulente del Pentagono sul controllo degli armamenti,
collezionista di vasellame preistorico sudamericano, ornitologo dilettante, per citarne
solo alcune - riescono a preparare un visitatore alla vastità della sua erudizione",
scrive di lui un giornalista del New York Times subito dopo unintervista.
"Pronuncia Chagas come un brasiliano. È stato sorpreso a correggere la
pronuncia ucraina di nativi del luogo e a denigrare lo Swahili dei kenyoti. Un suo collega
una volta lo ha zittito dicendogli che sì, aveva controllato con suo padre e che sì,
stava pronunciando correttamente il proprio cognome".
Gell-Mann ha una memoria fotografica che gli consente di ricordare praticamente tutto ciò
che legge. E le sue letture devasione - da cui talvolta ha tratto ispirazione nel
coniare i nomi di nuove particelle - vanno da James Joyce agli antichi testi buddisti,
tanto che è stato soprannominato "luomo che sa tutto".
Frederick Zachariasen, il fisico con il quale Gell-Mann ha pubblicato molti dei primi
lavori al California Institute of Technology, dice dellintelletto dellamico
che "è come il mio, solo 100 volte migliore". Ma racconta anche che cè
almeno una cosa al mondo che non conosce meglio di chiunque altro: il motore di
unautomobile.
"Eravamo in viaggio assieme in Messico", ricorda Zachariasen, "e Murray
aveva deciso di controllare da solo lolio della sua macchina. Quando lho
raggiunto dopo qualche istante, lho trovato che aveva smontato il filtro
dellaria e stava per versare un litro dolio dritto dentro il carburatore - una
cosa che avrebbe distrutto il motore, come sa quasi chiunque sia capace di guidare.
Lho fermato appena in tempo".
Al Santa Fe Institute la miscela di grandeur intellettuale e di mania per il dettaglio che
contraddistingue Gell-Mann è ben nota: "Murray sprona continuamente i suoi colleghi
ad andare più avanti, e a spiegare di più. Spinge coloro che hanno un bel modello
teorico a collegarlo di più con la realtà", ha detto L.M. Simmons, vice presidente
dellistituto, "e a volte li spinge un po troppo. A volte bisogna
gattonare prima di imparare a camminare. Ma il motto di Murray è: bisogna sempre pensare
a camminare". Però, prosegue Simmons, "è brusco con le persone solo quando
pensa che stiano sbagliando e che quello che dicono oscuri il modo giusto di guardare alle
cose. Il che significa che le cose che lo rendono sgradevole a qualcuno sono le stesse che
fanno di lui un grande scienziato".
E se Gell-Mann è esigente con gli altri, lo è ancora di più con se stesso: "Chi
mi conosce sa quanto mi diano fastidio gli errori, come per esempio quando correggo
instancabilmente le parole francesi, italiane e spagnole sui menu dei ristoranti
americani. Quando mi imbatto in unimprecisione in un libro altrui mi scoraggio:
davvero potrò imparare qualcosa da un signore che si è già dimostrato in errore almeno
su un punto? Se poi la cosa riguarda me o il mio lavoro divento furioso".8
Gell-Mann ha due figli dalla sua prima moglie J. Margaret Dow, unarcheologa
che allepoca del loro matrimonio, nel 1955, lavorava allInstitute for Advanced
Study di Princeton.
Rimasto vedovo nel 1981, nel 1992 sposa Marcia Southwick, poetessa e docente di inglese,
che lo ha molto aiutato nella sua attività di divulgatore di genio: "Per me non
è mai stato facile metter mano alla penna, forse perché mio padre criticava severamente
tutto ciò che scrivevo da bambino. Se sono riuscito a portare a termine questa fatica [il
libro Il quark e il giaguaro, n.d.r.], è merito di mia moglie Marcia, che ha saputo
ispirarmi e pungolarmi".9
Note
1 M. Gell-Mann, Il quark e il giaguaro. Avventure
nel semplice e nel complesso (1994), trad. it. di Libero Sosio, Bollati Boringhieri,
Torino, 1996, pp. 34-35
2 Ibidem, p. 31
3 Ibidem, pp. 32-34
4 Ibidem, pp. 35-36
5 A. Sze, The Leaves of a Dream Are the Leaves of
an Onion, in River, River, Lost Road Publishers, Providence (Rhode
Island), 1987
6 M. Gell-Mann, Il quark e il giaguaro. cit.,
p. 30
7 Ibidem, pp. 32-33
8 Ibidem, p. 16
9 Ibidem, p. 17