Il meccanicismo Laplaciano  

All'inizio dell'Ottocento la fisica europea era dominata dalla grande scuola laplaciana, il primo vero e proprio gruppo di ricerca scientifico della storia, raccolto attorno a Pierre Simon de Laplace (1749-1827). Grazie all'appoggio di Napoleone, Laplace era stato in grado di organizzare una attività coordinata tra un numero cospicuo di ricercatori, con laboratori e fondi di ricerca a disposizione, che in pochi anni aveva prodotto contributi scientifici di elevatissimo livello in molteplici campi della fisica. Parigi era divenuta la capitale mondiale delle scienze fisiche, un modello che tutti i paesi aspiravano a imitare. I membri di questo gruppo, che pure era ricco di variegate componenti con rilevanti differenze al proprio interno, condividevano una visione sostanzialmente simile delle scienze fisiche: i vari ambiti fenomenici della fisica, dal movimento al calore, dalla luce all'elettricità, dall'acustica al magnetismo, dovevano essere ricondotti a un unico modello esplicativo, quello newtoniano, fondato sull'esistenza di particelle di materia ponderabile, capaci di esercitare reciprocamente forze attrattive agenti a distanza, e di fluidi imponderabili di vario genere (un fluido calorico, un fluido elettrico, uno magnetico ecc.) i quali, a seconda del punto di vista degli autori, potevano a volte ridursi a un unico fluido. Anche i fluidi erano pensati come composti di particelle prive di peso interagenti a distanza le une con le altre e con le particelle ponderabili. La teoria che regolava il comportamento dei componenti di questo modello era la meccanica. La spiegazione di qualsiasi fenomeno era in tal modo concepita come la costruzione di un modello meccanico ipotetico capace di offrire un immagine razionale dei possibili comportamenti della natura nascosti al di sotto delle apparenze fenomeniche.

Negli studiosi più aperti vi era molta prudenza nel valutare il significato da attribuire ai modelli meccanici che venivano elaborati per la spiegazione dei fenomeni. Piuttosto che intenderli come rappresentazioni di realtà effettivamente esistenti e nascoste dietro il velo delle apparenze, studiosi come Laplace o Biot erano inclini a mettere in luce la loro principale funzione teorica, che era quella di poter conferire una grande unitarietà ai vari capitoli della fisica, riconducendoli appunto a un unico tipo di modello. I grandi successi che questo programma di ricerca incontrò nei primi anni dell'Ottocento, tuttavia,. indussero molti a ritenere:

  1. Che i modelli meccanici di tipo newtoniano avessero una vera e propria portata ontologica, fossero cioè in grado di raffigurare la realtà ultima, più profonda del mondo:
  2. Che dunque una spiegazione basata su modelli meccanici fosse già spiegazione definitiva, non ulteriormente perfettibile.

Questa concezione meccanicistica e modellistica della fisica cominciò già nel secondo decennio del secolo a incontrare alcune difficoltà, ma contemporaneamente si diffuse e si affermò in tutta l'Europa e rimase il paradigma dominante nelle scienze fisiche, se non altro a livello ideologico, fino alla fine del secolo. Solo all'inizio del Novecento si ebbe il definitivo crollo del meccanicismo di stampo laplaciano.  



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