Loretta Moroni

Un volo in Eroina

La strada era buia quella sera, troppo buia. Si sentivano mille rumori provenienti da ogni angolo: sospiri, grida, lamenti, una chitarra, piatti rotti. Troppi rumori. O era soltanto la mente di Christian, offuscata dall'eroina preso la sera prima, tenuta a bada dai continui tranquillanti, in preda a una crisi di astinenza. Non distingueva nessun oggetto Christian, diciotto anni, di cui tre dedicati alla vita da strada. Scappato di casa quando aveva iniziato a drogarsi, vi tornava come quella sera solo per farsi dare dei soldi dalla madre, vedova con due figlie in casa. A stento si muoveva per il vicolo, e dopo due cadute arrivò alla porta di casa. Successe come tutte le volte: entrò, prese i soldi, picchiò la madre che, disperata, opponeva resistenza e se ne andò. Libero finalmente di potersi comprare l'acido, libero quando prese in mano la fialetta, libero quando sdraiato sul prato del parchetto se lo iniettò in vena. La sua mente incominciò a vagare, spingendo milioni di pensieri su per il cervelletto, dentro ogni neurone, pulsava l'eroina fino agli occhi. Si trovava al mare - o era solo un'allucinazione ? - sdraiato sulla sabbia con la schiena appena lambita dalle onde. Si sentiva bene, in uno stato di pace e lucidità che da tempo non conosceva più. Con gli occhi rivolti verso il cielo vide un gabbiano in volo: le ali spiegate, grandi e bianche, si muovevano in un ritmo incalzante librando nell'aria il piccolo corpicino dell'animale. Un volo regolare, appena sopra il livello del mare, che si alzava leggermente quando arrivava verso Christian, e continuava in cerchi concentrici sopra di lui. Il gabbiano si era posato sopra di lui, il gabbiano era lui. La sua anima, in questa pace in cui era avvolta, ora era dentro il gabbiano. Poteva vedere con i suoi occhi, poteva volare con le sue ali; e volò, un volo impacciato, inesperto, in cui vide nuovamente la sua infanzia e la sua adolescenza come in un film. La prima ragazza, la moto, il primo spinello, la prima fiala: in quel momento si sentì mancare, le ali si fermarono e il gabbiano cadde in picchiata sul mare. Rimase immobile sulla riva, incapace di qualsiasi movimento. Panico, paura. Le ali non sapevano più volare, mentre la mente invano le incitava. Poi all'improvviso, Christian si risvegliò sull'erba umida del parchetto, invaso dall'odore forte dell'eroina, e non era più libero. Ora lo capiva: non era mai stato libero in preda all'eroina, non aveva mai volato. Era prigioniero di un acido. Lui, capace di intendere e di volere, era prigioniero di una sostanza chimica prodotta in laboratorio. Non lo sopportava più, voleva volare ed era ancora giovane per farlo. Da quel giorno in poi Christian non si bucò più, e tornò dalla sua famiglia. I primi tempi furono difficili in un istituto di recupero per tossicodipendenti. Ora ha un lavoro fisso che gli permette di guadagnare soldi con i quali aiuta la madre e le due sorelle, e quando può va al mare. Lì vola libero con la sua mente insieme a una moltitudine di gabbiani.