I RAPPORTI FRA GALILEO E LA CHIESA
Le opere di Galileo costituiscono un manifesto della rivendicazione
dellautonomia della ricerca da ogni tipo di condizionamento soprattutto teologici e
religiosi. In alcune lettere Galileo sostenne che i testi sacri non erano stati concepiti
per spiegare il modo in cui luniverso era stato costruito e le leggi in base alle
quali funzionava. Lintento di chi aveva dettato quei testi era solo stato quello di
dettare le regole di condotta morale necessarie alluomo per conseguire la salvezza
divina. Ne conseguiva quindi che se quei testi sacri erano prescrittivi in ordine alla
salvezza dellanima, non rivestivano per niente valore prescrittivi le affermazioni
che vi ricorrevano sulla struttura delluniverso e sulle leggi di natura. Galileo
riteneva che dove si trattava di questioni naturali le scritture non dovevano essere prese
nel loro senso letterale ma adattate ed interpretate a quello che la ragione mostrava o
suggeriva.
Adattando queste considerazioni ai problemi della teoria eliocentrica Galileo ribadì il
proprio concetto citando losservazione, moto spiritosa, che aveva udito dal
Cardinale Baronio: "Lintenzione dello spirito santo è di insegnarci come si
vadia al cielo e non come vadia il cielo". Si trattava evidentemente di una
rivendicazione dautonomia di scienza dalla fede.
Galileo quindi affermava che "prima di condannare una proposizione naturale e
mostrare che ella non sia dimostrata necessariamente e questo devono fare non quelli che
la tengono per vera ma quelli che la stimano falsa". Era una sorta di rivendicazione
dellobbligo per coloro che rifiutavano le tesi di Galileo di dimostrarle false. Non
potevano cioè rifugiarsi nella mancanza di conformità con il senso letterale delle
scritture sacre. In altri termini non dovevano più i copernicani dimostrare che la terra
si muove attorno al sole, bensì i teologi sforzarsi di confutare i loro ragionamenti
matematici ed osservativi e, se i teologici non ci fossero riusciti, la scrittura andava
reinterpretata in modo da farla corrispondere alle ipotesi fisiche.
Davanti a questa manifestazione coraggiosa e raffinata che va considerata come un
contributo di Galileo allaffermazione di una teologia rispettosa dei risultati della
ragione umana, una teologia che si è affermata con il tempo ed è condivisa dalle
autorità ecclesiastiche attuali, non si stenta ad immaginare che appena dopo il Concilio
di Trento le allora autorità ecclesiastiche sirrigidirono.
La crescente ostilità degli ambienti religiosi contro la teoria copernicana portò il
Sant'Uffizio, nel 1616, a condannare recisamente questa e a riaffermare l'imposizione del
sistema tolemaico: le opere di Copernico furono messe all'Indice e Galileo venne convocato
a Roma a giustificare le sue opinioni. Egli sosteneva che la teoria copernicana non era in
contrasto con la Bibbia: questa si doveva ritenere infatti scritta in un linguaggio tale
da riuscire comprensibile agli uomini del suo tempo, senza scopi di verità scientifica,
che si potevano invece raggiungere solo con l'osservazione diretta della natura; la sua
posizione fu respinta e Galileo fu diffidato dall'occuparsi ancora della teoria
eliocentrica.
Nel 1623 divenne papa il cardinale Barberini (Urbano VIII), che Galileo aveva già
conosciuto come interlocutore aperto e illuminato in discussioni scientifiche e a cui
dedicò Il saggiatore; lo scienziato (che ancora sinteressava ad un gran
numero di problemi: nel 1624 costruì il microscopio) sperò di nuovo di potere
liberamente trattare questioni astronomiche.
Benché le autorità ecclesiastiche avessero autorizzato la pubblicazione dell'opera "Il
dialogo sopra i due massimi sistemi del Mondo" e, nella prefazione e nelle
conclusioni, Galileo affermasse di accettare la verità religiosa secondo la Bibbia, la
difesa del sistema copernicano era manifesta: per iniziativa dei gesuiti, grazie anche
all'involuzione del papa Urbano VIII verso la più intransigente difesa delle tradizioni,
lo scienziato fu nuovamente chiamato a Roma, processato, e giudicato colpevole (1633).
Costretto ad abiurare, fu condannato alla prigione a vita: la pena fu subito mutata in
quella dell'isolamento, che egli trascorse a Siena presso l'arcivescovo suo amico e poi
nella villa di Arcetri, vicino a Firenze.
In questo modo finiscono i travagliati rapporti fra Galileo e la Chiesa che ci rendono un
grandioso esempio dobbedienza, Cristianamente parlando, perché lo scienziato ha
accettato che il tempo, i modi e quindi lesito delle sue ricerche, non fossero
fissati esclusivamente dalle sue capacità e dai suoi criteri, ma dalla vita intera del
popolo Cristiano.
di Giovanni Fantinati e Matteo Luoni
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