Fermi e i ragazzi di via Panisperna

Enrico Fermi   Enrico Fermi nacque a Roma nel 1901; fin dai primi anni della giovinezza fu attratto dall studio della matematica e della fisica. Superato brillantemente il liceo, fu ammesso alla Scuola Normale di Pisa dove si laureò in fisica nel 1922. Tornato a Roma iniziò un'intensa attività di ricerca presso l'Istituto di Fisica dell'Università, allora diretta da O.M. Corbino, eminente uomo politico e scienziato di chiara fama. Corbino si rese subito conto delle eccezionali qualità di Fermi, e, nell'intento di far rinascere gli studi di fisica in Italia, riuscì a far istituire a Roma la prima cattedra di Fisica Teorica sulla quale chiamò, verso la fine del 1926, il non ancora venticinquenne Fermi che aveva vinto l'apposito concorso.

Nonostante la sua giovane età, Fermi era già conosciuto in campo internazionale soprattutto per un lavoro sulla statistica antisimmetrica, oggi conosciuta come statistica di Fermi-Dirac, alla quale devono soddisfare tutte le particelle con spin semi-intero (elettroni, protoni, neutroni e altre particelle subatomiche); queste particelle, comunemente chiamate fermioni, sono quelle condizionate dal principio di esclusione di Pauli.

A tal proposito ricordiamo che le particelle con spin intero sono invece inquadrate in un'altra statistica quantica, detta di Bose-Einstein, e proprio per questo sono chiamate bosoni.

Con l'aiuto morale e materiale di Corbino, Fermi riunì nell'Istituto di Fisica di via Panisperna un gruppo di Giovani laureati: fra i teorici ricordiamo B. Ferretti, e Majorana, G.C. Wick; fra gli sperimentali M. Ageno, F. Rasetti, E. Amaldi, B. Pontecorvo, E. Segrè.

Guidati dalla straordinaria personalità scientifica di Fermi, "i ragazzi di via Panisperna", come furono chiamati i fisici che dal 1927 al 1938 lavorarono presso l'Istituto romano, riuscirono in pochi anni a portare la scuola di fisica italiana al livello dei più prestigiosi centri di ricerca europei e americani.

Fra i molti lavori teorici di Fermi, il più celebre e forse anche il più originale è quello riguardante la teoria matematica del decadimento ß.

Nel 1934, venuto a conoscenza della scoperta della radioattività artificiale fatta dei coniugi Joliot-Curie mediante le particelle a, Fermi intuì che il processo poteva essere vantaggiosamente provocato utilizzando come proiettili un fascio di neutroni. Poiché in natura non esistono sorgenti dirette di neutroni, in quanto essi stessi sono il prodotto di un processo di disintegrazione nucleare, Fermi si procurò i proiettili utilizzando la stessa reazione con la quale Chadwick aveva scoperto il secondo componente fondamentale del nucleo. Con la collaborazione di Amaldi, Rasetti, Segrè, Pontecorvo e del chimico D'Agostino e con l'umana e illuminata guida del direttore(1) dell'istituto di via Panisperna, Fermi riuscì, in circa un anno di intenso lavoro, a produrre e a identificare una cinquantina di elementi radioattivi.

Vediamo ora, attraverso le stesse parole di Fermi(2) (conferenza tenuta a Milano il 18 settembre 1949), come il gruppo di Roma arrivò ai cosiddetti neutroni lenti, cioè ai proiettili che dovevano rappresentare uno dei mezzi più efficaci per disintegrare i nuclei(3).

Dunque in quel tempo c'era una certa confusione nel laboratorio; si lavorava in condizioni non perfettamente riproducibili perchè c'erano molti elementi da investigare e talvolta si dovevano investigare gli uni e talvolta gli altri in modo non sempre identico nell'uno o nell'altro caso. Ora, in questo modo un po' irregolare di procedere, si comnciarono a notare delle differenze che parevano inspiegabili e cioè talvolta l'attività indotta in certe condizioni risultava piccola, talvolta risultava più grande ... La chiave per risovere il problema venne per caso quando accadde di interporre un piccolo pezzetto di paraffina tra la sorgente e l'oggetto da bombardare: questo pezzetto di paraffina fece crescere immediatamente l'intensità ... questo fenomeno strano era quello che si sarebbe dovuto probabilmente aspettare un fisico teorico; era cioè il fenomeno del rallentamento dei neutroni. Esso avviene nella paraffina, per il fatto che questa contiene una grande frazione di idrogeno. Il fenomeno, che in modo del tutto simile è prodotto anche dall'acqua, consiste in questo; la sorgente di neutroni - come del resto quasi tutte le sorgenti di neutroni - emette neutroni con energia pittosto grande, dell'ordine di 1 MeV. Ma se questi neutroni vengono emessi entro un blocco di paraffina o entro una vasca d'acqua, essi urtano contro un atomo di idrogeno, e siccome il neutrone e l'atomo di idrogeno hanno, con grande approssimazione, la stessa massa, siamo all'incirca nel caso di una palla da biliardo che ne urta un'altra: l'energia cinetica della prima si suddivide in parti, in media, eguali tra la palla urtante e la palla urtata, così che la palla urtante va via con circa metà dell'energia in gioco; se poi essa subisce un secondo urto e poi un terzo, e poi un quarto, dimezzando la propria energia andrebbe addirittura a zero se a un certo punto non intervenisse l'agitazione termica: ossia gli atomi di idrogeno dell'acqua e della paraffina sono in agitazione termica, cosicché il fenomeno del rallentamento non va avanti illimitatamente ... la proprietà di attivazione è assai grande perchè in numerosissime reazioni nucleari la sezione d'urto dei neutroni lenti è molto maggiore di quella di quella dei neutroni veloci, vale a dire i neutroni lenti hanno una probabilità molto maggiore(4) dei veloci di essere catturati.

Proprio per le ricerche sui neutroni nel 1938 Fermi ebbe il premio Nobel per la fisica. Recatosi a Stoccolma per ricevere il premio, preferì non rientrare in Italia, soprattutto per le leggi razziali, essendo la moglie di origine ebraica. Da Stoccolma con tutta la famiglia si trasferì in USA, prima come professore presso la Columbia University e poi all'Insitute of Nuclear Studies dell'Università di Chicago, che oggi porta il suo nome.

In America proseguì le ricerche con i neutroni allo scopo di ottenere dalle reazioni nucleari sull'uranio (fissione) uno sviluppo controllato di energia. Il risultato fu raggiunto il 2 dicembre 1942 con l'attivazione del primo reattore nucleare.

La notizia del successo fu comunicata da A. Compton a Washington con una storica telefonata: "Il navigatore italiano è approdato nel Nuovo Mondo". Gli fu chiesto: "Come si sono comportati gli indigeni?". La pronta risposta: "Molto amichevolmente".

Curiosità storica: il primo navigatore italiano scoprì il Nuovo Mondo nel 1492, il secondo ne scoprì un altro nel 1942.

Al pari degli altri eminenti fisici che in quel tempo vivevano un USA, prese parte agli studi che portarono alla realizzazione della prima bomba atomica di Los Alamos, fatta poi esplodere ad Alamogordo all'alba del 16 luglio 1945.

Dopo la guerra si dedicò dapprima ad alcuni problemi riguardanti la cosiddeta ottica dei neutroni e poi fino alla morte, avvenuta a Chicago nel 1954, a numerose ricerche teoriche e sperimentali sulle particelle elementari. Per concludere riportiamo l'ultima parte della biografia di Fermi scritta da E. Amaldi per Scienziati e Tecnologi contemporanei, originale opera scientifica edita da Mondadori.

Non ha molto scopo e forse anche ben poco senso cercare di esprimere un giudizio sull'opera di Enrico Fermi e sulla sua figura di scienziato e di uomo. Le sue note e memorie originali sono state raccolte in due volumi di oltre duemila pagine, che costituiscono il più valido monumento: esse riguardano argomenti dei più diversi tipi, che vanno dalla termodinamica all'astrofisica, dall'elettrodinamica alla fisica atomica, dalla fisica molecolare a quella nucleare e alle sue applicazioni, dallo stato solido alla fisica delle particelle elementari.

In tutti questi campi Fermi ha apportato contributi essenziali talvolta teorici talarta sperimentali, sempre con acuto spirito di naturalista aderente e interessato solo ai fatti della natura, con una sicurezza matematica, un'inventiva di sperimentatore e una solidità da ingegnere come nessun altro scienziato del nostro secolo. Vissuto in un periodo di eventi storici drammatici, è stato portato dal suo stesso lavoro ad avere in essi una parte di primo piano, ma l'aspetto più importante della sua vita è stato quello della scoperta scientifica.

Le sue qualità di maestro, la sua semplicità nei rapporti umani, il suo spiccatissimo senso del dovere accompagnato da un entusiasmo eccezionale per lo studio della natura, il suo equilibrio e la sua energia quasi sovraumana hanno costituito aspetti della sua figura più difficili da trasmettere e far ricordare dei suoi risultati scientifici, ma sotto molti aspetti d'importanza non inferiore.

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